Negli ultimi anni, il coaching ha guadagnato una reputazione ambivalente. Da un lato, è visto come uno strumento di crescita personale e professionale; dall’altro, molti lo considerano un’industria di motivatori superficiali che promettono cambiamenti miracolosi senza sostanza. Ma è davvero tutta colpa dei coach? La verità, come spesso accade, sta nel mezzo. La mia esperienza personale mi ha mostrato che il coaching non è magia, eppure per me lo è stato. Non perché qualcuno mi abbia venduto soluzioni pronte, ma perché mi ha dato qualcosa di più potente: la possibilità di fermarmi, pensare ed esplorare prospettive nuove con i miei occhi. L’Ombra del Coaching: I venditori di illusioni Uno dei problemi principali del settore è la mancanza di norme chiare. Chiunque può definirsi “coach” da un giorno all’altro, senza formazione, esperienza o competenze dimostrabili. “Il coaching è un campo in cui l’accesso è incredibilmente facile, ma la maestria richiede anni di pratica e studio.” – Sir John Whitmore, pioniere del coaching Uno studio della International Coaching Federation (ICF) ha rilevato che, nonostante la crescita esponenziale del numero di coach, solo una piccola percentuale possiede certificazioni riconosciute. Questo ha portato a un mercato saturo di figure poco qualificate, che danneggiano la reputazione dell’intera professione: Come Riconoscere un Coach Serio? Non tutti i coach sono uguali. Ecco alcuni elementi per identificare un professionista valido:✅ Certificazioni riconosciute (es. ICF, EMCC, ACSTH)✅ Formazione specifica (corsi strutturati, non solo webinar di poche ore)✅ Esperienza dimostrabile (case study, testimonianze verificabili)✅ Etica professionale (rispetto dei codici deontologici, nessuna promessa di “soluzioni miracolose”) Il Ruolo del Cliente: La Volontà di Cambiare è Fondamentale Tuttavia, il coaching non è una magia. Il successo di un percorso dipende in gran parte dal cliente. Quante persone si avvicinano al coaching aspettandosi che il coach abbia la soluzione pronta? Proprio come fosse un servizio a domicilio. Frasi come:“Sei tu il coach, dimmi cosa devo fare!”sono il segnale di un approccio passivo che condanna il processo al fallimento. La realtà è che un vero percorso di coaching richiede:🔹 Impegno attivo (non basta partecipare, bisogna agire)🔹 Responsabilità (il coach non decide per te, ma ti guida)🔹 Apertura al feedback (anche quando è scomodo) La Verità? Una Relazione a Due Vie Il coaching è una danza a due: La verità è semplice: Il vero coaching non è dipingere illusioni, ma accendere specchi E quando trovi il coach giusto e ci metti del tuo… Allora sì che succede qualcosa di straordinario.
Coaching: perché la felicità è un viaggio verticale
“La felicità non è un dato, ma una costruzione” – scriveva José Ortega y Gasset nelle sue Meditazioni sulla felicità. Per il filosofo spagnolo, la vita autentica richiede un movimento attivo, un’ascesa faticosa verso la chiarezza, simile all’anabasi dei Greci di Senofonte: un’avanzata nel territorio ignoto di sé stessi, seguita da un ritorno trasformato. Ma cosa accade se paragoniamo questa anabasi filosofica al coaching moderno? E se il vero viaggio fosse una discesa verticale nell’interiorità, prima del ritorno al mondo? 1. L’Anabasi Filosofica: La Scalata di Ortega y Gasset Ortega vede la felicità come un’opera d’arte personale, non un dono passivo ma il frutto di un sforzo. L’Anabasi di Senofonte non è solo una ritirata militare: è una metafora della vita. I mercenari greci dovettero: Affrontare l’ignoto, senza mappe Mantenere la disciplina Combattere nemici esterni e interni Come i mercenari greci, che avanzano verso l’ignoto per poi ritornare cambiati, l’individuo deve affrontare il caos interiore per riconquistare un nuovo ordine. Oggi, però, molti cercano scorciatoie. Il coaching rischia di ridursi a “10 passi per la felicità”, promettendo vette senza il viaggio. Ma senza attraversare il territorio sconosciuto di sé stessi – senza affrontare le proprie tribù ostili interiori – non c’è vera trasformazione. 2. Il Coaching come Discesa Verticale Se l’Anabasi è una marcia in avanti, il coaching autentico è anche una discesa nell’abisso. Come i Greci che, prima di gridare “Thálassa!”, dovettero attraversare montagne e steppe, noi dobbiamo scendere nelle nostre profondità: E solo dopo viene l’esultanza: “Il mare! Il mare!” – la metafora della chiarezza, del ritorno a casa. Ma quella casa, ora, è diversa. 3. Andata e Ritorno: La Felicità come Movimento La felicità non sta né nella vetta né nella caverna, ma nel ritmo del viaggio: Per un Coaching “Anabasico” Ortega scriveva: “Io sono io e la mia circostanza”. Il coaching, allora, deve essere: “Ogni ritorno è un inizio” Il mare che raggiungiamo oggi non sarà lo stesso di domani. “Thálassa!” griderai ancora. Ma stavolta saprai: quel mare sei tu. E tu, sei pronto a navigare il tuo abisso?
Come pianificare la carriera?
La bussola perduta: Orientarsi nel mondo delle possibilità Nell’era della complessità esplosa, il vero problema di chi vuole pianificare la propria carriera non è la mancanza di opportunità, ma l’eccesso di strade possibili. Come mai è così complesso orientarsi? 1.Sovraccarico decisionale Mentre fino a 10 anni fa i percorsi professionali erano ben definiti, oggi ci sono infinite varianti ibride, creando un effetto polarizzante tra una molteplicità di opzioni e ansia da scelta. 2.Le nostre mappe sono obsolete I modelli tradizionali, legati a specializzazioni e carriere verticali non funzionano più, e le metriche di successo sono cambiate: non si parla piu di soli stipendio e stabilità, entrando in gioco il senso di scopo e di flessibilità. Secondo il World Economic Forum, entro il 2025, 85 milioni di posti di lavoro potrebbero essere sostituiti dall’automazione, mentre ne emergeranno 97 milioni di nuovi ruoli legati a tecnologia e competenze avanzate (Future of Jobs Report 2023). 3.Il paradosso dell’autoconoscenza Abbiamo molte passioni ed interessi, ma come identificare quello che realmente vogliamo in un mondo cosi veloce e pieno di stimoli? In questo contesto, la domanda sorge dunque spontanea: ha ancora senso pianificare la carriera? La risposta è sì, ma con un approccio radicalmente diverso dal passato. La Nuova Pianificazione: Non Cosa Vuoi Fare, Ma Chi Vuoi Diventare Se dunque il mondo è in costante evoluzione, i parametri cambiano e le skills invecchiano velocemente, pianificare non significa più fissare un obiettivo rigido, ma costruire un set di competenze trasferibili, ripartendo in primis da noi stessi. I vecchi modelli ci chiedevano: “Dove ti vedi tra 5 anni?” Oggi la domanda è più profonda: Questo shift è fondamentale. Su Cosa Focalizzarsi dunque? 3 Punti Chiave Dopo aver individuato la direzione, affidati ai dei punti di riferimento. Ecco tre coordinate per tracciare la tua rotta: 1. Adotta un Approccio “Fluido” alla Carriera Invece di pensare: “Diventerò manager in 5 anni”, chiediti: Quali problemi mi piace risolvere? In quali ambienti lavoro meglio? Come posso rimanere rilevante tra 3-5 anni? 2. Impara ad Apprendere (Meta-Skills) La competenza più importante oggi è saper imparare velocemente. Le hard skills (es. programmazione, marketing digitale) hanno una scadenza, ma la capacità di aggiornarsi no. Cerca esperienze sul campo, svolgi micro-certificazioni. 3. Sviluppare Competenze Trasversali (Soft Skills) Le macchine sostituiranno molti lavori tecnici, ma difficilmente replicheranno creatività, pensiero critico, intelligenza emotiva e soprattutto curiosità. Prova quindi diversi ruoli (side hustle, freelance), costruisci un personal brand (LinkedIn, blog, portfolio) e tieni monitorate le tendenze del tuo settore. In questo contesto, perché un Career Coach può Fare la Differenza? In un contesto così dinamico, un career coach può essere un valido alleato per aiutarti a scoprire cosa puoi diventare. Un coach lavora sulle domande giuste e lavora su più livelli: Questo approccio è fondamentale per chi vuole cambiare carriera o ritrovare motivazione in un ruolo che sembra aver esaurito la sua spinta. Conclusione: Pianificare è Ancora Possibile, Ma Serve un Nuovo Approccio La carriera del futuro non si progetta su Excel, ma attraverso un percorso vivo, che evolve giorno dopo giorno. Il segreto non è semplificare la complessità, ma sviluppare: La tua sfida oggi non è trovare la carriera perfetta, ma diventare il perfetto esploratore di te stesso.