Quando il lavoro ci spinge oltre i limiti: come distinguere tra crescita e autodistruzione
Esiste una linea sottile, invisibile e spesso sfocata, tra ciò che ci spinge verso la crescita e ciò che ci consuma. La vita lavorativa non è solo un percorso di risultati e successi, ma spesso si trasforma in una lotta incessante contro il tempo, le aspettative e, soprattutto, contro se stessi.
Ritmi impossibili, richieste insostenibili, interazioni che svuotano.
La tua mente, esasperata, si ripete continuamente frasi come “Devo farcela”, “Non posso mollare”, “Sono quasi arrivato”, ma il corpo, un testimone silenzioso, lancia segnali sempre più evidenti di sofferenza. E allora ci chiediamo: La domanda dunque è: questo dolore è un trampolino per la crescita o una trappola della mente che ci porta verso l’autodistruzione?
E allora, cosa possiamo fare?
1. Rientra in te stesso: la tua voce interiore è alleata o nemica?
Questa domanda non è solo retorica: è un invito a riflettere sull’intensità e sulla qualità del nostro rapporto con noi stessi. Quante volte ci accettiamo solo se siamo produttivi? E quante volte accettiamo il nostro valore solo attraverso le lenti della performance e della comparazione sociale?
Il linguaggio che usiamo con noi stessi ha un impatto profondo, perché modella la nostra percezione del mondo e la nostra reazione agli eventi:
Possiamo usare un linguaggio distruttivo o rigenerante:
- “Devo dimostrare di valere” – Quando la motivazione principale è la paura, non c’è spazio per la crescita.
- “Non ce la farò mai come gli altri” – Un confronto sociale viziato, che ci spinge ad accettare il fallimento come parte di noi.
- “Sto imparando e il fallimento è parte del processo” – Un approccio che accetta l’imperfezione come strumento di crescita.
- “Chiedo aiuto, non sono invincibile” – Un atto di coraggio che riconosce i limiti senza abbatterli.
La tua voce interiore è amica o nemica? Se è una critica incessante, è il momento di fermarsi e ricalibrare.
2. Osserva: l’ambiente in cui vivi ti nutre o ti avvelena?
Non possiamo sempre scegliere l’ambiente di lavoro, ma possiamo imparare a leggerlo e a riconoscere se quello che ci circonda ci porta verso la crescita o verso il logoramento. Non chiederti se il tuo ambiente di lavoro è “buono” o “cattivo”. Chiediti “Qui, cosa viene nutrito? E cosa viene avvelenato?”
Metti a fuoco: Come ti senti nei meeting? Gli errori sono visti come opportunità di crescita o come segni di inadeguatezza? Il feedback che ricevi ti sostiene o ti distrugge? Quali emozioni vengono coltivate e quali sono soffocate?
Cosa fiorisce qui: la paura o la creatività?
3. Senti: il corpo non mente mai
Il corpo è una bussola incredibilmente precisa che può dirci se siamo nel bel mezzo di un percorso che ci rinforza o che ci sta logorando. Lo stress cronico, infatti, non è solo una sensazione mentale: ha un impatto tangibile e fisico. La neuroscienza ci dice che lo stress prolungato riduce la plasticità cerebrale e accelera l’invecchiamento cellulare e la differenza tra eustress (stress positivo che stimola la crescita) e distress (stress che danneggia) è chiara nei segnali del corpo:
- Se il tuo stress ti fa sentire vivo, pronto a raccogliere la sfida, probabilmente stai affrontando una situazione di eustress.
- Se invece senti il peso di una fatica insostenibile, se la tua mente è sopraffatta dalla preoccupazione e la tua energia sembra svanire, è più probabile che tu stia vivendo un distress che non potrai sostenere a lungo.
4. Fermati: sei davvero allineato con i tuoi valori?
Immagina di poter fermare tutto, di poter chiudere gli occhi e di guardarti dall’esterno: cosa vedi? Sei allineato ai tuoi valori?
Se il lavoro che fai ogni giorno ti costringe a sacrificare la tua salute, relazioni o i principi etici, la crescita che stai vivendo è illusoria. Le sfide possono aprire porte a nuove opportunità, ma se ci consumano senza lasciare spazio a un senso di integrità, stiamo solo danneggiando noi stessi.
La domanda fondamentale da porsi è: Sto costruendo qualcosa di duraturo o mi sto solo consumando?
Quando il dolore è utile?
Il dolore non è mai fine a sé stesso. Non è la sofferenza che ci fa crescere, ma la sua qualità, la sua funzione.
Il dolore è utile solo quando:
- Ti spinge a evolvere, non a svuotarti.
- È temporaneo, non un destino senza via di uscita.
- Ti lascia più forte, non più fragile.
Cosa fare?
- Esercizio: Usa un diario delle emozioni. Collega gli stati d’animo che provi ai momenti e alle situazioni lavorative.
- Esercizio: Per una settimana, annota i pensieri ricorrenti che ti attraversano. Quanti sono critiche? Quanti sono incoraggiamenti? Cerca di capire se stai parlando a te stesso come un alleato o come un nemico.
Il dolore è un insegnante crudele se lo ignoriamo, ma un alleato prezioso se lo ascoltiamo. Poniti delle domande ogni volta che senti che il confine tra crescita e autodistruzione si fa troppo sottile. La risposta potrebbe cambiare tutto.”